Per la musica del passato bisogna spesso rivolgersi alle trascrizioni, Manuel Barrueco ha presentato alcuni esempi alla IUC nell’Aula Magna della Sapienza.
La chitarra, nonostante la sua popolarità ad ogni latitudine e presso ogni cultura, ha raramente superato i confini di strumento di accompagnamento e di protagonista nei brani di tradizione folklorica. I compositori che si sono dedicati a questo strumento sono stati pochi, almeno fino al ventesimo secolo, quando, grazie all'ormai leggendario impegno di Andrès Segovia, ha potuto conquistare la dignità di strumento da concerto con un proprio repertorio. Pertanto, mentre sono numerose le composizioni di autori moderni, per la musica del passato bisogna spesso rivolgersi alle trascrizioni. Per i concerti della IUC nell’Aula Magna della Sapienza, Manuel Barrueco ha presentato alcuni esempi di questa pratica. La “Suite in re maggiore “, trascrizione dello stesso Manuel Barrueco per chitarra della Suite n.1 in sol maggiore per violoncello di J.S.Bach, ripropone la stessa atmosfera morbida dell’opera originale, tanto che l’ambiente settecentesco sembra assolutamente congeniale alle nuove sonorità. Lo stesso accade per “5 Sonate” di Domenico Scarlatti; qui il legame è più immediato, lo strumento originario è il clavicembalo e la parentela ideale emerge con chiarezza, nel suono pulito e preciso di Barrueco le simmetrie e le combinazioni tra le tonalità sono ben riconoscibili.
La seconda parte del concerto è dedicata a musiche spagnole che tengono sempre presenti i colori della tradizione folklorica nazionale, anche quando il riferimento è la musica colta del passato. Nella “Sonata op.61” per chitarra di Joaquìn Turina (1882-1949) è possibile riconoscere influenze dei compositori francesi del primo Novecento, insieme a elementi tipici del folklore andaluso. Anche Isaac Albéniz (1860-1909) ha avuto profondi rapporti con la Francia, soprattutto con un certo pianismo di impronta chopiniana e ha composto numerosi pezzi per pianoforte dove i ritmi e le sonorità del folclore popolare spagnolo si integrano con la tradizione colta occidentale, restando comunque ben riconoscibili. Qui la trascrizione per chitarra sembra quasi un approdo naturale e Manuel Barrueco sempre con grande pulizia e precisione ci propone la sua visione dei brani, dove però l’attesa di qualche sonorità flamenca rimane un poco delusa. Purtroppo la grande Aula Magna non è proprio l’ambiente ideale per un concerto intimo come quello di Manuel Barrueco, lo spazio enorme e il suono un po’ “piccolo” hanno costretto il pubblico accorso numeroso ad un supplemento di attenzione. L’apprezzamento per il grande concertista è stato comunque dimostrato da ripetuti applausi ripagati da numerosi bis.